sabato 8 ottobre 2011

16corto: successo e il problema di Giuseppe Verdi

Ci si può vergognare di far parte di un pubblico?
Un festival è fatto solo da una interminabile serie di proiezioni?
Bisogna rialfabetizzare un pubblico abituato a truogoli televisivi e incontri pubblici anestetizzanti?
Questi i pensieri che vorticavano mentre prendevo congedo dall'Auditorium di Forlì in cui si stava svolgendo la quinta giornata del 'Sedicicorto Film Festival'.
Dopo la proiezione del primo corto della serata, il dimenticabile dramma australiano 'Raju' su una coppia tedesca che va in India ad adottare un bambino che scopre rapito, è iniziata l'intervista del Conte Nebbia a Stefania Casini, diva del cinema degli anni '70 (tra i suoi registi Germi, Bertolucci, Morissey) e membro della giuria.
Ora non si pretende che l'acculturato pubblico forlivese sapesse con chi aveva a che fare (ma poteva utilmente utilizzare gli smartphone di cui era dotato) né che si entusiasmasse ad ascoltare racconti e storie su alcuni dei maggiori registi che questo sfortunato paese abbia prodotto, ma ricade nella categoria della grassa maleducazione l'applauso ripetuto che ha interrotto il conversare dei due imponendo il ritorno alle proiezioni.
L'atmosfera 'inquieta' si è ripetuta nell'intervista successiva al regista in gara Martin Bargel, autore del complicato e inceptioneggiante 'Augenblicke', introdotta dalle scuse preventive per un'ulteriore interruzione dell'intoccabile serie di proiezioni.
Cadono le braccia a riflettere sul lungo percorso effettuato da Gianluca Castellini e dal suo gruppo, che sono riusciti a creare un'evento che porta ottimi prodotti internazionale davanti a folle numerose, se il risultato risulta lo stesso provocato da Giuseppe Verdi al teatro di Parma: la nascita di un loggione riottoso che come Golem decerebrato rifiuta qualsiasi interruzione a quello che crede essere il pasto per cui si è presentato.




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